Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge riprende i contenuti di un testo già presentato alla fine della XIII legislatura, che - nonostante gli anni nel frattempo passati - conserva intatta la sua attualità, anche nelle argomentazioni che lo sostengono. Il testo in oggetto procedeva a un aggiornamento e a un ampliamento di una precedente proposta di legge, presentata all'inizio della medesima XIII legislatura, motivati sia da una serie di riflessioni e di verifiche compiute sulla complessa problematica, sia da stimoli e sollecitazioni provenienti da associazioni di categoria, con le quali si è sempre intrattenuto un serrato confronto critico.
      Una buona parte delle considerazioni svolte nell'atto di presentazione delle precedenti proposte di legge conserva indubbiamente validità e conviene ad esse fare riferimento. In particolare va ripetuto che, in forza di questa iniziativa, si intendono apportare le necessarie e opportune modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio.
      La vigenza della citata legge n. 157 del 1992 ha infatti mostrato come questa sia caratterizzata da irrazionali pregiudizi aprioristicamente contrari all'esercizio dell'attività venatoria. Alcune disposizioni di tale normativa si sono rivelate del tutto vessatorie nei confronti di quanti esercitano l'attività venatoria, giacché completamente prive di corrispondenti forme di vantaggio per le esigenze connesse alla protezione dell'ambiente e della fauna. La peculiare conformazione geografica della nostra nazione fa sì che le regioni italiane siano quasi esclusivamente territorio di transito per la selvaggina migratoria. Pertanto, la decisione di aprire in ritardo e di chiudere con eccessivo anticipo la stagione venatoria anziché raggiungere l'obiettivo di proteggere le varie specie cacciabili, ha

 

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invece unicamente causato lo spostamento verso Ungheria, Romania, Polonia, Turchia, Egitto, Tunisia, Algeria, Spagna et cetera, della gran parte dei cacciatori italiani, con il conseguente effetto di un notevole esodo di risorse economiche.
      Le scelte operate dalla legge n. 157 del 1992 hanno dunque soprattutto spinto i cacciatori a trasferirsi verso altri luoghi, diversi da quelli nei quali svolgevano precedentemente l'attività venatoria. Tale conseguenza, a sua volta, ha prodotto e continua a produrre un ulteriore duplice effetto negativo: l'irrazionale andamento quantitativo e qualitativo della selvaggina abbattuta e il consistente decremento del turismo venatorio nelle nostre regioni, particolarmente in quelle meridionali. Infatti, nei Paesi del nord Africa non solo l'esercizio venatorio risulta essere scarsamente regolamentato, ma anche la particolare conformazione geografica dei luoghi, caratterizzati da vaste e rade distese, determina una maggiore concentrazione di selvaggina e quindi una maggiore facilità di abbattimento della stessa (mentre nelle regioni italiane, soprattutto centro-meridionali, tale concentrazione di selvaggina è sicuramente di più difficile realizzazione).
      Sul piano economico, la più gravosa delle conseguenze è senza dubbio quella sopportata da alcune regioni italiane del sud dove, nessuno lo può negare, numerose attività turistico-commerciali (ristorazione, alberghi, iniziative agro-turistiche, armerie, eccetera) hanno subìto successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 157 del 1992, una notevole flessione dei propri guadagni. In un momento economico come quello attuale, caratterizzato da una grave crisi occupazionale, appare sempre più doveroso favorire iniziative che, volte a rinvigorire il tessuto economico-produttivo, creino nuovi e ulteriori posti di lavoro. A tale riguardo, si può ricordare che il volume di affari prodotto dal fenomeno dei viaggi venatori è pari a circa 150 milioni di euro annui e che quello relativo alle aziende faunistico-venatorie è pari a circa 175 milioni di euro annui.
      Le modifiche di seguito proposte tendono perciò non solo a riaffermare e a tutelare il diritto di quanti amano l'attività venatoria, ma anche a consentire i ritorni economici derivanti dall'esercizio della caccia, contribuendo così a un utile e urgente rilancio delle attività economiche ad essa legate. Tale rilevante aspetto si presenta indubbiamente come uno dei maggiori problemi da affrontare e da risolvere celermente per qualsiasi maggioranza parlamentare. Pertanto quelle norme contenute nella legge n. 157 del 1992 che risultano inutilmente restrittive dell'esercizio venatorio si rivelano ancora più bisognevoli di revisione, soprattutto laddove esse finiscono per nuocere alle attività economiche che ruotano intorno alla caccia. A questo proposito, il settore maggiormente legato per tradizioni e per cultura all'attività venatoria è chiaramente quello armiero. Ne è prova il fatto, incontestabile, che ben il 65-70 per cento del fatturato dell'industria armiera italiana deriva dalla produzione di armi venatorie e sportive e a tale dato va aggiunto quello relativo al settore delle munizioni, che in Italia è dipendente per circa il 90 per cento dall'attività venatoria. L'industria armiera ha vissuto negli anni a decorrere dal 1992, grazie alla vessatoria legge n. 157 del 1992, una profonda fase recessiva: il calo della domanda propriamente venatoria ha quindi comportato la crisi dell'intero settore, il cui grado di dipendenza dalle attività venatorio-sportive è molto alto (non meno dell'85-90 per cento). L'importanza economico-produttiva di tale settore è senz'altro evidenziata dal fatturato globale prodotto dallo stesso, pari a circa 600-700 milioni di euro annui.
      Il novero delle attività economiche legate alla caccia non comprende però soltanto l'industria armiera e delle munizioni. Come già ricordato, attorno alla caccia gravitano infatti settori meno noti, ma comunque assai rilevanti dal punto di vista economico, quali i viaggi venatori, le aziende faunistico-venatorie, l'agriturismo venatorio, l'allevamento di selvaggina e di cani da caccia, senza contare tutto ciò che riguarda l'abbigliamento, l'editoria specializzata e le molteplici forme di pubblicità oggettistica. Per meglio individuare l'importanza
 

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economica dei settori menzionati, si può evidenziare, a titolo di esempio, come quello dell'abbigliamento produca un volume di affari annuo stimabile intorno ai 250 milioni di euro e quello dell'allevamento di selvaggina e di cani intorno ai 750 milioni di euro annui.
      Ovviamente, alla base di questa iniziativa legislativa non vi sono soltanto ragioni di ordine economico. La volontà precipua è quella di dare concreta possibilità e attuazione a quello che continuiamo a considerare un diritto di un'ampia parte dei cittadini - cioè quello di esercitare l'attività venatoria e di vivere anche, in tale modo, un particolare e significativo rapporto con l'ambiente naturale - e di concretizzare una normazione di settore che contemperi efficacemente, in un moderno equilibrio, l'estrinsecazione di tale diritto, la tutela del ciclo riproduttivo delle specie animali, il rispetto degli interessi dell'agricoltura e dell'ambiente.
      Altra finalità di rilievo è certamente quella di armonizzare, per quanto opportuno e necessario, la nostra normativa a quella di altri Paesi europei - in particolare Francia e Spagna - che formano con la nostra penisola un contesto unitario in senso lato e che si stanno giovando di regolamentazioni dalle vedute assai più ampie e realistiche di quelle vigenti in Italia.
      Dal punto di vista formale si è ritenuto, per una migliore e più chiara «leggibilità» del testo, di presentare la proposta di legge in forma di un articolato intero, che sostituisce in blocco la legge 11 febbraio 1992, n. 157, così come stabilito nell'ultimo articolo (38). In pratica, tecnicamente si configura come una riscrittura totale della citata legge n. 157 del 1992, con l'intervento di tutte quelle incisive modifiche e integrazioni che traducono in dettato gli scopi dell'iniziativa.
      Volendo sintetizzare i punti di principale intento modificatorio, si possono evidenziare:

          a) la libera circolazione su tutto il territorio nazionale per la caccia alla selvaggina migratoria, con esclusione della zona delle Alpi;

          b) una consistente autonomia alle regioni per la determinazione del calendario venatorio;

          c) la riduzione del 5 per cento delle zone di protezione, atteso che le zone disponibili per la caccia si sono ridotte per l'espansione di abitati, strade, fondi chiusi, et cetera;

          d) l'abrogazione del comma 16 dell'articolo 10 della legge n. 157 del 1992, non essendo congruo il dipendere dalla volubile decisione di pochi;

          e) un tetto massimo di spesa per i tesserini emessi da regioni diverse o da ambiti territoriali di caccia (ATC) diversi da quelli di residenza;

          f) la previsione che gli ATC debbano avere estensione almeno provinciale;

          g) la revisione e la correzione del criterio per l'indice di densità ai fini della caccia programmata, con esclusione - altresì - dei cacciatori da appostamento fisso dal conteggio;

          h) un diverso rapporto e criterio di accesso tra cacciatore e territori;

          i) il reinserimento di alcune specie cacciabili (passero, passero mattugia, storno, fringuello, peppola, taccola, corvo, passera ultramontana, così come concesse dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee);

          l) il prolungamento fino a febbraio del periodo di caccia per la selvaggina migratoria;

          m) l'apertura della caccia alla prima domenica di settembre, solo, peraltro, per alcune specie di animali;

          n) una revisione realistica e non persecutoria delle sanzioni penali, accompagnata da modifiche e aggiunte alle sanzioni amministrative, compresa la facoltà prefettizia di sospensione della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia.

      In un'ottica meno generale si collocano poi le seguenti ulteriori modifiche,

 

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che rivestono comunque il loro specifico interesse:

          a) facilitazioni per i cacciatori anziani, menomati, economicamente svantaggiati;

          b) limitazione per il costo dei «richiami» acquistati;

          c) norme più precise per il rispetto del tipo di caccia scelto nelle riserve e termine inderogabile al 1o agosto per il «lancio» di selvaggina;

          d) facoltà per il cacciatore che ha scelto la forma di «appostamento fisso» di esercitare la caccia da appostamento temporaneo, per la selvaggina migratoria, nel mese di settembre, risultando altrimenti troppo penalizzato;

          e) superamento di un esame adeguato per chiunque deve esercitare la vigilanza venatoria.

      In conclusione, si è inteso riproporre un sistema organico e funzionale di norme, come punto di sintesi delle diverse esigenze e di equilibrato approdo del vasto dibattito che si mantiene e si sviluppa assai vivace. L'auspicio di una ravvicinata approvazione della presente proposta di legge non è solo del proponente, ma di un amplissimo mondo di osservatori e di protagonisti del settore.

 

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